Esistono numerosi fattori a breve termine che influenzano il clima terrestre, e tra questi uno dei più importanti è il ciclo Nino-Nina, ovvero l’alternanza di temperature più alte o più basse della norma in una vasta zona dell’Oceano Pacifico Centrale. Queste determinano le normali fluttuazioni climatiche, degli aspetti omessi quando si parla di cambiamenti climatici, anche se sono fattori molto rilevanti.
A parte gli sconvolgimenti che questa alternanza presenta a livello locale e delle zone circostanti questo fenomeno, come Est Asia, Oceania, Coste Peruviane, l’influenza sembra essere accertata anche a livello di temperature globali, anche perché la presenza di Nino rilascia enormi quantità calde dall’Oceano verso l’atmosfera: un calore che viene dissipato poi negli anni successivi.
Sembra essere accaduto ciò, in particolare con la forte ascesa del Global Warming nel 2015, in coincidenza con un Nino molto intenso. È accaduto anche tra il febbraio 2016 ed il febbraio 2018, quando la temperatura globale è scesa di oltre mezzo grado centigrado (-0,56°C), e sembra essere stato il calo termico più estremo in due anni che sia mai stato registrato, almeno secondo il database di GISS della NASA.
Cali simili però sono avvenuti anche in passato, specie dopo il grande Nino del 1998, che testimonia come questo fenomeno abbia una grandissima influenza sulle temperature globali. Dopo il Nino del 1982, la temperatura calò di -0,47°C tra l’82 e l’84.
Stando alle misure satellitari, l’anomalia delle temperature al momento è pari a +0,28°C, un valore come quello di gruppi di annate come 2000-2007 e 2013-2015